ANGIÒLA
Era impegnato come lustrascarpe alla stazione ferroviaria di Pavia ed attendeva i clienti accanto alla cassetta con le spazzole e il lucido.
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I suoi clienti abituali erano i conducenti di carrozze e i viaggiatori pendolari.
Abitava in quel di Porta Nuova, era un ometto baffuto con faccia legnosa, sempre sorridente, cappello rotondo e pantaloni larghi.
Di bassissima statura, "l'era alt me un cifòn" (era alto come un comodino), la natura, che era stata avara in un senso , quasi per compensazione, gli era stata prodiga in un altro, fornendogli una caratteristica fisica, non visibile, che lo rese famoso ai pavesi, così da indurre i buontemponi ad azzardare ardite considerazioni sulla
sua... straordinaria virilità.
Questa sua notevole "caratteristica" pare avesse un'estensione pari alla misura di "sèt sùlfar e dü dés ghèi " (sette fiammiferi e due monete da 10 centesimi, in pratica circa 35 centimetri) ed è tuttora conservata nel museo di storia naturale dell’Università di Pavia.
Legate a tale particolarità erano in uso alcune espressioni utilizzate dai pavesi soprattutto per “colorare” piacevoli o spiacevoli occasioni di rimprovero o complimento.
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Tratto da "Care Macchiette
Pavesi" di P. Marabelli.