Con la scomparsa del compianto grande regista pavese Cesare Volta la Compagnia Dialettale Pavese si è smantellata ma c’è chi, fortunatamente, continua a far rivivere l’intrigante e piacevole “favola in dialetto” degli oramai famosissimi e mitici Serena & Dumenìc.
Si tratta certamente dei due attori pavesi più popolari degli ultimi decenni, Franco Banchieri e Gianfranco Manenti.
Franco Banchieri è entrato nella scuola di Volta cominciando con piccole parti, ma già nel 1960 è diventato Serena sostituendo l’allora interprete Pietro Baccalini che per motivi familiari aveva dovuto ritirarsi. L’esordio avvenne addirittura a Zurigo con la commedia comico-dialettale La bulèta la và lavà e fu un trionfo che continua a ripetersi sempre “gratis amore Dei”. Con la semplicità che lo distingue e l’ha reso da subito amico di tutti coloro che amano la Pavesità, Banchieri afferma:
"Gli applausi che accompagnano e spesso interrompono le mie recitazioni sono il compenso che apprezzo maggiormente e che mi spinge ad impegnarmi con maggior zelo ed impegno. La partecipazione del sempre vasto pubblico di estimatori mi manda letteralmente in visibilio e, al termine delle esibizioni, mi sento appagato oltre i miei meriti ed ho il cuore colmo di gratitudine nei confronti di chi si ostina a spellarsi le mani per noi.
Gianfranco Manenti ha esordito come attore della nostra Compagnia Dialettale nel 1982 con una parte di grosso rilievo nella commedia Al dì d’la lusèrta. Ha avuto soddisfazioni televisive, la più nota è quella legata allo sceneggiato I promessi sposi che, sotto la regia di Salvatore Nocita, gli ha consentito di interpretare l’Oste di Gorgonzola e farsi apprezzare dal pubblico televisivo italiano. Attore con voce gradevole e penetrante, ama recitare, come pochi, poesie pavesi ed in questo campo eccelle con le appassionate declamazioni delle liriche di Valterino Vai, il più accreditato del nostri rimatori viventi. Dopo aver ascoltato le significative parole del collega, particolarmente commosso, aggiunge:
"Ovviamente mi associo visceralmente a tutto quello che ha affermato la “mia Serena”. Aggiungo solo un mio piccolo orgoglio personale. Per me il dialetto è una lingua che non si può apprendere come una lingua straniera, ma bisogna amarla ed apprenderla tramite poesie e detti popolari. Con questo presupposto ho già insegnato più volte poesie e motti della nostra tradizione a bambini di quinta elementare e delle medie dove sono stato invitato ad intervenire. Questi bambini, o ragazzi chi dir si voglia, hanno cominciato a comprendere e parlare il nostro dialetto e, in diverse occasioni, sono stati i protagonisti di rappresentazioni pubbliche che hanno sempre avuto un promettente successo"
Scopriamo inoltre che a Gianfranco Manenti è stato affibbiato il soprannome, che porta con nient’affatto malcelato vanto, di Bombino. per via del fatto che tra gli anni ’30 e ’50 dal tetto del Pontevecchio sul nostro ceruleo Ticino il famoso Bomba (alias Giuliano Manenti, il mister OK di casa nostra, papà del Gianfranco) si esibiva in tuffi che sono entrati nella leggenda della storia pavese.
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