La miglior presentazione del poeta pavese Angelo Gambini è quella di copiare la prefazione che Alberto Mirarchi scrisse per una raccolta di poesie pubblicata nel 1979.
Esiste, in ciascuno di noi. il desiderio, il senso della evasione: e, possiamo affermarlo, una malattia insita nell'uomo.
Ed è proprio il progresso con le sue scoperte, con le rivoluzioni, con l'ansia verso altre mete, altri sogni, a creare le premesse di una « fuga interiore », una fuga dalla convenzione del vivere, dall'assillo quotidiano, dal meccanicismo imperante che minaccia di trasformare l'uomo in un robot, in un essere ultraperfezionato, programmato, senza anima, senza aneliti, senza future speranze.
Ma, per nostra fortuna, esiste il divino dono della fantasia che ci permette di allontanare lo spettro della aridità, quella aridità che ha il suo suggello e sigillo in un proverbio antico, ma sempre nuovo, attuale: "homo hornini lupus".
Ma il lupo può trasformarsi in agnello, può pascolare nei verdi pascoli della creazione, può vivere in pace e donare pace e serenità, può diventare poeta. Un poeta sincero, caldo, generoso, un amico buono e fedele che canta per noi le dolcezze del vivere quotidiano, la città nella quale è nato, il fiume che fa da specchio al suo luogo natio.
Ed il dottor Angelo Gambini, tralasciate le fatiche del suo lavoro, che è anche missione, mentre la sera cala nel suo giardino, mentre le rondini bevono in volo l'ultima luce nel crepuscolo imminente che specchia la prima stella nel Ticino. prende la penna, la posa sul foglio immacolato ed attende che « sorella poesia », la casta, la pura, la semplice, l'umana poesia dialettale, lo guardi, sorrida, dica « scrivi! ».
Nascono così le poesie dialettali di una persona che affida la sua vita al quotidiano travaglio, alla famiglia, al verso pavese, quel verso che racchiude in se la cadenza di un dialetto che, purtroppo, sta anche perdendosi, quel vernacolo saporoso come il pane delle nostre nonne, vibrante come il sorriso di una bella donna, lucente come gli occhi di un bimbo, schietto come l'anima popolare.
E Angelo Gambini si abbandona al canto, alla reminiscenza, illumina l'anima del suo Borgo, della sua città, si compiace di rammentare figure caratteristiche, tipi, momenti di vita, parla di Pavia e d'altre cose, si affida alla favola, all’apologo, scherza, sorride, ha momenti di rimpianto e di commozione.
E’, ed è questo il merito più grande, sincero, scrive con il cuore.
La sua è una poesia che parla al cuore senza dimenticare l’intelletto, perché cuore ed intelletto sono una inscindibile unità. La bontà è dominata e corretta e spronata dal ragionamento, ed il ragionamento è, a sua volta, sorretto dalla sensibilità,quella sensibilità che fa l’uomo artista e poeta.
La poesia dialettale di Angelo Gambini ha il merito della scorrevolezza, della chiarezza espositiva, del contenuto “nostro: pavese”.
Leggendola, nel secolo della conquista della luna, ci si può commuovere, come ai bei tempi antichi, senza vergognarsene.
Perché la poesia, quando è dettata dal cuore, non ha età, è eterna e immutabile.
Leggendo questo libro affidiamo il nostro cuore alle acque del Ticino perché
lo portino verso quel mare che è la vita, verso quel mare che è poesia
infinita,verso quel mare che, nell’alterna vicenda dei flussi e riflussi, ci
fa comprendere il senso della eternità e della nostra debolezza che ha bisogno
d’amore.
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} Due esempi figurati della chiarezza espositiva del Gambini