LA BÈCIA NININ
A Porta Garibaldi, a destra dello chalet del Tiro a segno (ove oggi sorge l'Istituto Tecnico Bordoni) vi era una stamberga dove, tra il sudiciume e gli stracci, viveva una vecchia fruttivendola, che aveva come compagnia inseparabile una capra, per cui il popolo l'aveva soprannominata "La Becia Ninin".
Seduta davanti ad uno sgangherato tavolo, con poca merce da vendere, circondata da alcuni gatti, stava la Ninin (Giovannina).
Si dice che il suo vestiario, in ogni stagione, se lo portasse sempre addosso.
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Era lo zimbello degli scherni dei monelli, i quali cantilenavano, per farle dispetto:
"La Becia Ninin la fa i gatin
la fa i gaton la Becia Ninon."
Irritata dalle loro screanzate intemperanze, non esitava a lanciare tizzoni accesi, frutta bacate, unitamente agli epiteti più sconvenienti.
Metteva compassione e non di rado era aiutata dal buon cuore dei Pavesi che le passavano di fronte per andare a commemorare i propri defunti al Cimitero.
Curioso notare il personaggio maschile che nella parte alta dell'immagine, sulla sinistra, si rivolge al muro per evidenti necessità fisiologiche.