STORIA INEDITA PAVESE e dei suoi dintorni 

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L'incredibile presenza nel nostro territorio di un personaggio che riuscì ad imbrogliare un sacco di  persone trasformandosi in numerose identità, tutte legate al nome della Chiesa....

Conosciamo questa  vicenda grazie ad una “lezione” di storia di Vidigulfo tenuta dal carissimo Don Innocente Garlaschi.
 

Nasce a Palma di Maiorca nel 1720 e viene educato da uno zio sacerdote. A 15 anni entra a far parte dei Gesuiti e si imbarca per una missione nel Perù. Da qui, però, fugge durante una notte calandosi da una finestra e torna in Europa.

Si fa credere sacerdote e inizia a viaggiare. Gira molte città italiane e infine sosta a Pavia. In ogni città mette a segno una truffa, ingraziandosi le persone, facendosi regalare soldi e beni per poi presentare lettere false fabbricate autonomamente con sigilli falsi (riesce a cavarsela perché cambia continuamente nome e identità).

A Pavia si presenta con il titolo nobiliare di Don Michele de Castro Estada, laureato in teologia a Salamanca, grande di Spagna, del casato dei signori di Castro e addetto all’ambasciata di Spagna in Roma.

 

 

A Pavia fa credere di voler fare vita penitente, il 10 febbraio 1760 entra tra i francescani del convento di S. Giacomo fuori le mura, con il nome di Frate Adiuto.

 

< San Giacomo fuori le mura.

 

 

 

Tuttavia, se ne va anche da qui. Scrive a se stesso una lettera che avvisa della morte di sua madre in Spagna. Il padre guardiano, a cui era indirizzata la lettera, gliela porta e lui scoppia in lacrime (ovviamente fingendo).

 

 

In realtà, il 15 luglio 1760 è ancora a Pavia, dove è conosciuto e rispettato e in parecchie occasioni partecipa alle esecuzioni delle condanne a morte, che avvengono per impiccagione nell'area prospiciente il Broletto, quale confessore del morituro, traendone vantaggi pecuniari in oboli offerti dai parenti dei condannati.

 

Il Broletto nel 1688 c.a >

 

In ottobre, l’arciprete di Vidigulfo, don Camillo Landriani, lo richiede al Vescovo come coadiutore. Il 20 ottobre arriva a Vidigulfo. Si fa prestare soldi e posate d’argento, tele, coperte e altri beni di valore, perché fa credere che vi sia l’imminente arrivo di cavalieri spagnoli e di volerli accogliere con grandi onori.

Il 13 aprile 1761 prende tutto e fugge con due giovani di Vidigulfo, ai quali fa credere di voler andare a Stradella per celebrare un matrimonio con solennità. In realtà si dirigono verso Savigliano (provincia di Cuneo).

Qui licenzia i due giovani e dice a uno di andare ad Alessandria (e di non tornare a Vidigulfo) per godersi i soldi rubati, all’altro di tornare a Vidigulfo e consegnare una lettera piena di insulti diretti a don Camillo Landriani e agli abitanti del paesino (don Camillo confesserà nel processo di aver gettato la lettera nel fuoco del camino per la rabbia, tanto erano derisorie e volgari le parole che conteneva).

Decidono di far inseguire don Michele Calvo, che intanto si era spostato da Savigliano alla vicina Cuneo, con il nome di don Gaetano Michele Estada Calvo.

Qui celebra una sola volta l’ultima sua falsa Messa.

Viene a sapere che è arrivato da Pavia un messo per cercarlo. Tenta di fuggire ma il Governatore di Cuneo riesce a fermarlo e a farlo arrestare  il 1 maggio 1761.

 

L’11 febbraio 1762  Michele è rinchiuso nella torre del Vescovo  a Pavia  all’angolo tra via Menocchio e via Parodi.

< Resti della torre del Vescovo

 

 

 Il 16 giugno passa alle carceri dello Stato e il 16 luglio è sospeso su una forca.


Michele ritratto durante la prigionia > 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MICHELE CALVO appellato de CASTRO                                       di Gabriele Cinquetti