I pavesi, prevedendone l'imminente arrivo,  su ordini precisi dei Decurioni si affrettarono a scalpellare ogni simbolo che denunciasse la tanto odiata classe nobiliare.

7 Pratile Anno 4 (Maggio 1796) I pavesi chiedono che Napoleone risparmi la città dalla distruzione punitiva per la rivolta alle sue armate.

Il Podestà Camillo Campari, con il suo eloquio convinse il generale Bonaparte, tuttavia Pavia ebbe un terribile saccheggio.

 

 

A lato: la supplica a Napoleone in una Acquatinta di Carlo Ademollo
 

 


 

 

 

Il primo a soccombere fu lo stemma della casa Imperiale d’Asburgo posto sul portale all’uscita del Ponte Vecchio verso il borgo.

In una vecchia foto di oltre cent'anni dopo, è visibile la scalpellatura che sarà stata senza dubbio anche faticosa, vista l’altezza del portale.

 

 

 


 

 

 

 

 

Il giacobinismo pavese fu assai solerte nel cancellare ogni segno dell’aristocrazia. Sul lato a valle del ponte coperto vi erano da sempre gli stemmi delle famiglie pavesi che scucirono somme consistenti per la costruzione del ponte.

 

 

Vennero scalpellati velocemente con manovre forse anche assai pericolose.

Ne venne lasciato inspiegabilmente integro uno solo, appartenente alla famiglia Casati. (foto a lato)

 

 

Le lapidi ormai sfregiate vennero rimesse a ricordo sul lato a valle del nuovo Ponte Coperto.

E oggi sono ancora visibili.

 

 

Un’altra scalpellatura dello stemma la si nota sul portone di Casa Marozzi.

È visibile ancora oggi al n. 11 di Corso Mazzini.

E’ altresì corredato ai lati da porta fiaccole in ferro che servivano ad illuminarlo in occasione di feste o avvenimenti importanti della casa.

 

 

 

La Rivoluzione Francese con il suo motto "Libertè, Egalitè, Fraternitè" toccò anche Pavia. Napoleone raccolse l’eredità rivoluzionaria e nel 1796 marciò su Pavia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella chiese trovavamo sepoltura i membri della nobiltà.

Poi, passati i secoli, i resti venivano smaltiti ma rimanevano a ricordo le lapidi.

 

In Santa Maria del Carmine i giacobini provvidero a sfregiare diverse di queste lapidi, cancellando ogni simbolo di nobiltà.

 

 

 

Lapide sfregiata di Messer Giovanni Martinazzo
che passò a miglior vita nel 1697.

 

 

 

 

E anche il Signor Antonio Valle ebbe il suo bravo sfregio dello stemma alla sua lapide mortuaria.

 

 

L’operazione di cancellazione dello stemma avveniva probabilmente con pietre abrasive e tanta forza muscolare…



 

 

Lo stemma di un pavese forse non appartenente al ceto nobiliare, lo si deduce dall’assenza della corona nobiliare indicante il titolo.

Lo stemma qui era solo un simbolo grafico della famiglia.

Fu scalpellato ugualmente,forse per ignoranza.

 

 



 

 

 

Pavia, Basilica di San Lanfranco,

Alle pareti dell’abside si addossano gli stalli del coro ligneo (fine XV secolo) recentemente
restaurato.

 

 

 

Su uno di essi, a destra, entro una decorazione di gusto gotico, si vede uno stemma abraso affiancato dal nome LU  -  CAS  [Zanachi]

 

 

 

a sinistra anche lo stemma forse di Pietro Pallavicini è stato cancellato, ma mantiene il copricapo prelatizio con cordoni e fiocchi.

 

 

 Un vandalismo deturpante e irrimediabile, la mano dell’intagliatore ci fa immaginare che gli stemmi dovevano essere splendidi.

 

 

E per finire, la scalpellatura dello stemma del vescovo di Pavia in carica a quell’epoca, Monsignor Giuseppe Bertieri,...

I giacobini pavesi non si accontentarono di scalpellare lo stemma nobiliare ma cancellarono anche il titolo nobiliare dalla lapide ricordo di Mons. Ippolito de Rossi, cui spettava il titolo di conte di San Secondo.