Lato Nord del Castello
Estremità orientale Estremità occidentale
da: varie fonti sul web
Esistono testimonianze documentate che dicono che da qualche parte, all’interno del castello Visconteo di Pavia sia stato murato un uomo, un tale Pasquino Cappelli.
Il Cappelli, che apparteneva a una famiglia di Cremona, mai assurta tra le maggiori, nacque intorno al 1340. Suo padre, Baldassarre, è indicato nelle fonti come "dominus", e fu forse giurista. Il figlio studiò diritto ed ebbe la qualifica di notaio.
La prima notizia sicura su Pasquino Cappelli risale al 1373, quando si trovava al servizio di Galeazzo II Visconti a Pavia nello splendido castello fatto costruire dallo stesso Galeazzo. La sua mansione era di Cancelliere ed ebbe la fortuna di incontrare personaggi famosi, letterati e artisti, tra cui il Petrarca a cui si deve la fondazione della biblioteca nel castello stesso.
Il lavoro del Cappelli prosegue anche dopo la morte di Galeazzo II nel 1378 ed anche con il figlio Gian Galeazzo Visconti, succeduto al padre, appare in una posizione preminente per dignità e responsabilità nella struttura della cancelleria viscontea che, in quegli anni si trovava in un momento di favorevole espansione.
Galeazzo II Visconti
A partire dal 1385 era praticamente sempre accanto al principe, insieme con un gruppo di altri cancellieri partecipava ad ogni evento e scriveva e trascriveva quanto il Duca Gian Galeazzo dettava sia per istruzioni civili sia per ordini militari.
Gian Galeazzo Visconti
La carriera del Cappelli si concluse improvvisamente nel giugno del 1398.
Dopo la sconfitta subita dai Viscontei sotto le fortificazioni di Mantova e causata dal ritiro dei Ducali Pavesi per una falsa lettera del Duca pervenuta al Comandante dei Ducali con la quale si ordinava di rientrare a Pavia.
Il Cappelli fu accusato di essere stato l’autore della lettera stessa.
Fu spogliato e avvolto in una pelle di animale ancora calda e murato fino alla testa nel Castello di Pavia. Gian Galeazzo lo fece nutrire per 20 giorni, sino a che la pelle, seccandosi, non lo stritolò.
Ogni giorno il duca andava a trovarlo, chiedendogli di confessare. Quando morì la sua testa fu spinta nella nicchia aperta nel muro e questo richiuso con mattoni.
Quando il Gian Galeazzo Visconti stabilì col signore di Mantova una tregua di dieci anni, seppe che i mantovani avevano usato lo stratagemma di falsificare il sigillo e la lettera ducale.
Si disse che il duca fu scosso dalla morte
ingiusta del suo segretario, ma lo lasciò dentro il muro, forse per non far
sapere a tutti che si era grossolanamente sbagliato.
Dunque... il corpo dello sventurato si troverebbe ancora lì, ma non si conosce
il punto esatto per scalpellare il muro e tirar fuori i resti di Pasquino
Capelli ?
Potrebbe essere stato murato nel lato nord del castello, vera espressione del vivere cortese visconteo, con le sale affrescate dal Pisanello e con i finestroni sulla tenuta di caccia.
In tal caso Pasquino Cappelli è sparito
unitamente a tutta l’ala nord del Castello, torri comprese sotto i colpi
dell’artiglieria Francese nel 1527.
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