CURIOSITÀ DI PAVIA E DINTORNI - IL TRIBUNALE DELL'INQUISIZIONE A PAVIA

ESCI

FRA PIETRO SOLERO DA QUINZANO

Da inquisitore a inquisito e condannato

( da Liutprand – 1999) 

 

Nel Medioevo al fine di scoprire, processare e condannare i colpevoli di eresia, furono istituiti tribunali di inquisizione giudiziaria voluti dal papato.

 

A Pavia la sede deputata per tali procedimenti era la Chiesa di San Tomaso, con l’annesso Monastero per eventuali esigenze carcerarie.

 

Fra Pietro Solero da Quinzano era diventato Inquisitore di Pavia nell’estate del 1567 e fu destituito dall’incarico nel dicembre del 1568 con una lettera del cardinale di Pisa nella quale si sosteneva che il comportamento da lui tenuto non aveva manifestato «quella gravità et considerazione che si ricerca all’ufficio che tiene».

 

Che cosa aveva fatto il frate per meritare la destituzione e gli arresti nel convento del suo ordine sinché non fossero terminate le indagini sul suo conto, affidate da Roma al vescovo di Montefeltro Francesco Sormano?

A quanto risulta dalla denuncia presentata dalla città nei suoi confronti si era reso responsabile di una serie assai lunga di “misfatti”. Ad esempio, subito dopo l’assunzione dell’ufficio, nel corso di una serie di prediche tenute nel settembre del 1567 nella chiesa domenicana di San Tommaso, “alla presentia de molto populo” aveva avuto l’ardire di affermare che Pavia era “un’altra Ginevra” e che “infette” erano soprattutto le persone “grandi”.

A giudizio dei rappresentanti della città questo era del tutto falso, perché gli abitanti di Pavia erano sempre stati “catholici et alieni da ogni machia di heresia”.

Le altre accuse concernevano aspetti della sua attività inquisitoriale: l’aver ad esempio esaminato i testimoni senza osservare le regole imposte dai sacri canoni; l’aver fornito ai consultori, chiamati ad esprimere il loro parere al momento della spedizione delle cause, dati diversi da quelli risultanti dalle carte processuali; l’aver “estorto da molti denari indebitamente”; l’aver passeggiato per la città con “volto minaccevole et furibondo”; l’aver compiuto arresti illegali; l’aver partecipato a “cavalcate” fuori della città, con molti seguaci, vestito di tessuti raffinati e “con zacchi et maniche di maglia” e archibugi a ruota; l’essersi fermato, durante le cavalcate, a mangiare in osterie, facendosi servire i cibi migliori, l’aver ordinato a delle donne di preparargli quaglie e tortore durante il tempo di quaresima; l’aver estorto, durante le cavalcate, danari ad alcune persone, prima arrestandole e poi rilasciandole; l’aver commesso “adulterio, incesto et sacrilegio con molte donne costì in luoghi sacri et religiosi”; l'aver fatto soffrire la fame in carcere ad alcuni arrestati ecc.

Il “sindacatore” vescovo di Montefeltro, all’inizio alquanto restio a trasferirsi da Milano a Pavia per svolgere le indagini, fu alla fine costretto a muoversi a seguito delle insistenze romane e a dare avvio all’inchiesta.

 

Furono sentite numerose persone che erano state inquisite dal Solero, furono esaminati i processi da lui istruiti e fu interrogato lo stesso inquisitore. Dal verbale dell’interrogatorio risulta che il frate aveva istruito una ventina di processi, la maggioranza dei quali per sortilegi ereticali.

Altri presunti eretici processati dal Solero, oltre al già citato Bernardino, furono Andrea de Mattis, don Francesco Piccio, curato di Santa Maria in Betlem, Giulio de Ferrari da Grado, Giovanni de Ughetis, Fulvio de Ferrari da Chignolo, Paolo Panza di Binasco, Giovanni Battista Peroni, pavese, «incantator et divinus acrerum occultarum inventor»

La brutta nomina con la quale furono bollati questi tribunali, perfettamente uguali a quelli civili, alimentò la fantasia popolare creando le leggende del S.Tomaso come posto di torture lamenti, tenaglie roventi e piombo liquefatto.

 

Il Crocifisso dell'aula dell'Inquisizione (foto da Antikiterra)

 

Oggi si può affermare con certezza che nulla di tutto ciò si verificò a Pavia in quel periodo. Da un editto dell’epoca si legge che: 

"AVISIAMO ADUNQUE ERETICI , IDOLATRI… CHE, RITORNANDO A SE CONOSCINO E CONSIDERINO D’ONDE,SI SONO PARTITI E VOGLINO TORNAR ALL’UNIONE DELLA S. MADRE CHIESA, LA QUALE MAI CHIUDE LI BRACCI DELLA SUA CLEMENZA; ASSEGNIAMO 15 GIORNI DALLA NOTIZIA, FRA I QUALI SE SI PRESENTERANNO PENTITI SARANNO RICEVUTI E ASSOLTI DAI VICARI SECONDO I CANONI ECCLESIASTICI" 

Quindi, se non vogliamo contare l'anno 1567-68 in cui era presente il frate dominicano Solero che creò malcontento perché era pignolo e multava per qualsiasi cosa, si può affermare che l’Inquisizione non sollevò particolari proteste.