Un'ipotesi avanzata in alcuni testi, a partire dalla "Storia dei Vescovi" di Antonio M. Spelta

 

 

 

Ticinum-Papia, già sede e capitale principale del Regno dei Longobardi, divenne nei secoli IX e X la capitale del Regno Italico, parte del Sacro Romano Impero carolingio.

 

 

Odoacre, re degli Eruli, nel 476 si era proclamato patrizio romano.

Lo vediamo ritratto su una moneta coniata a Ravenna nel 477.

 

 

Ma fu il grande Teodorico il primo ad insignirsi della carica di re d’Italia, dal Palazzo di Ravenna, in nome dell’autorità dell’Imperatore Romano d’Oriente (498-500).

 

Teodorico sconfigge Odoacre

Particolare del Codice Palatino Vaticano

(XII secolo) conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.

 

 

 

Dunque:Teodorico, non solo re degli Ostrogoti, "ma di tutta l’Italia".

Su questo argomento versavano gli studi del vescovo Ennodio (474-521), con le indicazioni sui poteri del Papa e dell’Imperatore.

Medaglione rappresentante Teodorico, ca. 500 d.C.

 

Ennodio fu un sostenitore del potere regale di Teodorico, primo re d’Italia, e del potere assoluto, incontestabile, detenuto sia dall’Imperatore, sia dal Papa, che non potevano perciò, a suo avviso, essere giudicati da nessuno dei loro sudditi.

L’adesione del re e dei suoi prossimi al Cristianesimo cominciò a rendersi sensibile presso la corte di Teodorico, all’epoca dei vescovi Epifanio ed Ennodio e di Severino Boezio.

La corte dei Goti, come in seguito quella longobarda, aveva maggior simpatia per il credo ariano che non per quello ortodosso della Chiesa di Roma.

Era usanza ariana chiamare il Vescovo ‘papas’ (con un termine greco-bizantino), e ciò avrebbe fatto indicare come ‘Papia’ la città che si chiamava ancora Ticinum; ma il vescovo era chiamato anche “san Sir”, ossia “santo Signore”. Era un titolo che spettava per eccellenza al Signore Gesù Cristo e per trasposizione veniva attribuito al capo della sua Chiesa.

 

Nella Basilica di San Michele, specialmente dedicata alle incoronazioni regali, il primo re d’Italia, Teodorico il Grande, non poteva che essere  ricordato come il capostipite della regalità.

 

La porta dei Re, sul lato sud della Basilica di San.... Michele, porta dalla quale avevano accesso i Re

 

Nel 1597, l’umanista Antonio Maria Spelta, nella sua Storia dei Vescovi di Pavia, scrisse che:

“Mentre che Teodorico cenava, ponendogli i servidori avanti la testa d’un pesce di meravigliosa grandezza, gli parve di veder la testa di Simmaco poco dianzi ucciso, il quale, tenendo i denti fitti nel labbro di sotto, e riguardando lui con gli occhi torti, aspramente li minacciasse.

Laonde il consapevole Re, spaventato dalla novità di quella cosa mostruosa e tremando in tutti i membri, e tutto freddo, prestamente con molta fretta andò nella sua camera e, fatto porre di molte vesti sopra il letto, in quello si coricò e si riposò alquanto… finalmente, ricevendo grandissimo dolore, non molto di poi si morì. Il cui corpo è sepolto in S. Michel maggiore, come ho ritrovato in un memoriale dei Corpi Santi, e dei Re che in Pavia si ritrovano”.

Un secolo dopo, Padre Romualdo, nel suo libro “Flavia Papia Sacra”, riferì la medesima notizia: “In questa chiesa, si dice che anche Teodorico Re dei Goti ottenne un tumulo”.

Naturalmente, non c’era un tumulo dentro la chiesa di San Michele, ma, caso mai, un sepolcro o un cenotafio (sepolcro simbolico, vuoto).

Tale monumento non esiste più da tempo, ma alcune immagini conservate sino ad oggi ricordano ancora il Primo Re:

 

 

 

Un affresco in alto, nelle volte della navata centrale, in cui i Santi Ennodio ed Eleucadio incoronano un re, e si può ben pensare che si tratti di Teodorico.

 

    

 

 

 

Un capitello, nel quale il re, assiso in trono, amministra la giustizia. Assolve e condanna…  e si può ben immaginare che il condannato non sia altri che Simmaco (o Boezio), consiglieri di fiducia del re stesso, imputati di alto tradimento.