Tranquillo Cremona
nelle "note azzurre" di Carlo Dossi
Alcune delle Note azzurre che Carlo Dossi dedicò a Tranquillo Cremona,
del quale era amicissimo.
342. Studiano gli scienziati il modo di immaginare il sole. Io dico
loro: guardate i quadri di T. Cremona.
373. Fontana a T. Cremona: incoeu te set pussee stupid del solit - T.
Cremona: L'è per podè famm capì de tì. (Fontana
a T. Cremona: Oggi mi sembri più stupido del solito - T. Cremona: E' per
potermi far capire da te.)
498. Dice T. Cremona che pitturando paesaggi "gli vien voglia di
pisciare".
535. T. Cremona doveva sloggiare e tra i coinquilini correva voce
ch'egli avrebbe fatto ciò in punta di piedi per non pagare il fitto. -
Quella voce venne all'orecchio di Tranquillo. - Che fa? - comincia a pagare
le poche lire di fitto - poi accorda una gran bara a 2 cavalli, e entra nel
cortile fracassosamente.
Si noti che nello studio di lui non restava più che qualche cavalletto e qualche sedia rotta.
E lì, comincia a gettar tutto dalla finestra - Gridava: piano quello specchio e giù un'assa - Prudenza con quel pianoforte, e giù una sedia - E intanto il Ranzoni, altro pittore, sonava un tamborone.
Poi Tranquillo, una sua amante modella, e vari amici - si posero a far tutto
il giro della corte e della contrada vestiti da turchi e cantando la
Marcia Reale. Così Cremona rispose al sospetto ch'egli intendesse di fare il
S. Michele in punta di piedi.
2710. La pubblica opinione, a proposito di Tranquillo Cremona, vien
sempre coll'ultima corsa. Difatti quand'essa ne vide "il Falconiere" si
diede, nel biasimarlo, a lodare il "Marco Polo" un suo quadro anteriore, che
essa aveva già biasimato.
Così all'apparire dei "due cugini" lodò "il Falconiere" e lodò "i due
cugini" dinanzi al "silenzio amoroso" -
3815. T. Cremona, a braccio di mio cugino Francesco, incontra un
giorno il mio babbo. Babbo costringe Francesco ad accettare una piccola
somma. Via babbo, Tranquillo tira Francesco in un brougham e a galoppo e in
baldoria, finché dura il denaro.
Poi sia va a casa Cremona, una sol stanza, senza letto, ma con tre sedie e moltissimi 'stronzi'. Tranquillo si cava dalle scarpe un mezzo "Secolo", e fa in mezzo alla stanza le sue occorrenze.
Narra intanto a Francesco come il giornale gli serva per tre usi: 1° di
libro - 2° di
calza - 3° di nettaculo.
Francesco si lagna dal freddo: Tranquillo sparge sul pavimento una boccetta
di spirito e l'accende - etc. etc.
3892. Un altro fra i più belli spiriti della città, è il pittore
Tranquillo Cremona
- Cremona diceva di Rovani, che "ad ogni frase ch'el dis el ghe mett su la sabbia".
- Di un quadro di G. Bertini 'Bimbo nobile con cane': "el can l'é fa da bagai, e el bagai de can". (" il cane sembra fatto da un bambino e il bambino da un cane")
- Dell'avvocato e maestro di musica Besozzi: " i avvocat el ciamen semper maestar e i maestar, avvocat". ( gli avvocati lo chiamano sempre maestro e i maestri lo chiamano avvocato.)
- Di una cantante ex puttana: " la cerca adess in de l'arte, quell che no po' pù dagh la natura". (cerca adesso nell'arte quello che la natura non può più darle.)
- Di Conconi, giovine dall'aspetto soave e che si piantava sempre in terza " te paret un fant de cour". (Sembri un fante di cuori)
- Annunciando il suo matrimonio "hoo tolt, con licenza parlando, miee" (ho preso, con licenza parlando,moglie.)
- e presentando agli amici questa moglie: "prima la studiava el canto, e adess el suono"
- Quando gli si pagava qualche dipinto, ed egli portava a casa la sua saccocciata di marenghini, se la vuotava sul tavolo, vi cacciava dentro la faccia, poi la sparpagliava per tutto lo studio, e si occupava il resto della giornata a cercare le auree "piastrelle".
Ne nascondeva alcune nei buchi dei topi, altre nelle calzette.
Un dì si trovò senza un soldo, e volea recarsi al veglione, ma non potea che
recarsi a letto. Era mortificatissimo, allorché "rifrugando qua e là nello
studio e nelle sue robe", scoprì "con sua immensa gioia" in una calza
"sudicia" un ultimo mezzo marengo ...
3961. La moglie di Alb. Durer, e di Berghem, facevano lavorare i
propri mariti come schiavi. Così la moglie di T. Cremona ecc.
4475. Tranquillo Cremona aveva un elmo, che s'imponeva in testa
quando andava al cesso di notte, incastrandovi al posto del pennacchio un
moccolo acceso.
L'epoca della sua massima miseria fu a Porta Nuova.
Sulla porta del suo studio in via Solferino (e allora si trovava meglio di
finanze e di voglia di lavorare) aveva scritto: "sono pregati, specialmente
gli Amici, a lasciarmi Tranquillo"...
4794. Tranquillo Cremona era pittoricissimo ne' suoi giudizi
artistici, e la stessa trivialità delle sue espressioni, nascondeva sempre
il più fino criterio. Chi avesse fatto con lui un giro in una esposizione di
quadri, ne sapeva più che se avesse letto una serie di articoli de' migliori
critici.
Tale avea esposto un quadro di paesaggio, rappresentante un bosco cupo, con in fondo, nel mezzo, una tonda apertura con una viuzza, colore di rosa, che veniva dall'apertura verso lo spettatore e si sviluppava a zigzag.
E Cremona: el par el bus del cuu col vermen solitari. (non occorre traduzione.)
Talaltro avea poi esposto un Silvio Pellico allo Spielberg, gettato sul
suolo del cratere, boccone. La tinta generale del quadro era verdognola. Il
Pellico era livido - tutto un insieme che metteva la nausea. E Cremona
battezzò quel quadro: "Giona vomitato dalla balena".
4817. 22 novembre, ore 5 e 1/2 Morte per difterite di Ada Cremona di
anni 6, unica figlia del pittore Tranquillo Cremona, morto l'anno prima, e
mia figlioccia.
4970. "Donna nana, grande tana", proverbio milanese, che Tranquillo
Cremona illustrava col seguente commento. Dio aveva creato la donna senza
'taglio'. Per farglielo, piantò un bastone con sovra infisso un coltello e
disse alle donne di saltarlo. Le donne grandi saltarono facilmente non
facendosi che una piccola scalfittura tra le gambe; le nane, invece,
saltando, si fecero de' profondi tagli.
5000. L'originalissima pittura di Tranquillo Cremona è
infalsificabile. Il solo Luigi Conconi, che ha lungamente studiato la
pennellata e l'animo cremoniano vedendo Tranquillo lavorare e facendo vita
assidua con lui può sufficentemente imitarla - dico sufficemente perché
Conconi ha tanta originalità per suo conto da non potere interamente
piegarsi al mestiere dell'imitatore.
E' una imitazione che però non resiste allo sguardo dello scaltrito. All'esposizione delle opere di Tranquillo Cremona, fatta dopo la morte di questi, figurò pure una testina adorabile, dipinta però non da Tranquillo, ma da Conconi. Ciò sapevasi dagli ordinatori della esposizione ma non si potè evitare, non volendosi, come si dice, scoprire altarini.
Essendosi infatti presentato allo studio di T. C. certo tale per chiedergli
seccamente qualche cosa di suo, e il tale diceva che gli sarebbe bastato
qualunque minimo segno, T. C., addittandogli una tela che Conconi
aveva appena abbozzata "se vuole, rispose,un segno,.... eccone uno" e gliela
appiopò.
5055. Tranquillo Cremona e Faruffini, tutti e due sommi pittori e
scopritori di nuove vie, tutti e due pavesi, amicissimi uno dell'altro e
fratelli di egregi matematci, tutti e due calunniati e combattuti e
perseguitatissimi, tutti e due morti in giovane età, tutti e due oggetto
dell'ammirazione attuale e immortali.
5056. T. Cremona e Bernardo Celentano.
Il primo pittore principalmente d'ispirazione, l'altro di studio. Cremona
cominciò proponendosi a sommo scopo della sua pittura il soggetto del quadro
e finì mettendo in prima linea la fattura: Celentano l'opposto. I quadri di
Cremona si direbbero fusi in un getto solo; quelli di Celentano tradiscono
la lima.
5057. Cremona tendeva a limitare il campo della sua arte per poter
riuscire in essa perfetto.
5058. Cremona conosceva e trattava mirabilmente-matematicamente il
disegno.
"Era qualità di famiglia, lo spirito matematico. L. Cremona, fratello di Tranquillo, è noto in Europa pe' suoi lavori di geometria ecc."
Coloro che vedendo i suoi quadri in cui l'onda poetica del colorito
predomina, sentenziano ch'egli dipingesse a macchia per non saper disegnare,
s'ingannano. Si ricrederebbero però facilmente sol che dessero un'occhiata
ai meravigliosi suoi schizzi a penna e matita. Ogni suo nero e bianco è a
posto perfetto. Cremona non faceva distinzione tra forma e colore. Egli
disegnava dipingendo: non empiva cioè figurine previamente orlate di nero,
non scriveva le parole degli inni suoi sulla falsariga.
5059. Nell'esposizione di arte retrospettiva alla prima mosta
internazionale di Roma, i soli che si salvarono dal naufragio furono
Cremona, Faruffini e Celentano.
"Quando l'Edera di Cremona entrò nella sala dell'arte retrospettiva, fredda
ed uggiosa, parve vi entrasse il sole. Ed era spettacolo significantissimo
il vedere gli attuali mestieranti della piccola arte romana fermarsi -
pallidi dall'invidia - dinanzi quel quadro per cercar di rubare il segreto
de' suoi colori, e non ptendo comprendere, allontanarsi dicendoce... male".
5060. Cremona e Michetti, tutti e due artisti grandissimi, tutti e
due innamorati del colore, ossia veri pittori.
Il primo però è pittore per dir così aristocratico, l'altro democratico. Poeti, in ogni modo, ambedue, uno della campagna, l'altro dei salotti. E, curioso a notare, la loro vita sta appunto al rovescio della loro inclinazione artistica. Cremona, pinge facce divine, e intanto caccia flati e dice sudicerie. Michetti erge alla ganga un altare, e nessuno è più elegante giovinotto di lui.
Entrambi si rifacevano, nella vita artistica, della reale.