1988 - NUBIFRAGIO SU PAVIA E DINTORNI

ESCI

 

La sera del 29 agosto.

Ho ancora vive nel cuore la stupefazione e l'incredulità provate quando, uscito di casa (una vecchia e solida casa: m'era parso un temporale forte, certo, ma non rovinoso; non avevo insomma avuto la percezione del disastro) vidi le strade biancheggianti di grandine, o sommerse, e lucenti come neri specchi; i grandi alberi atterrati, le automobili ammaccate dai coppi strappati ai tetti, o schiacciate dai tronchi, il tappeto di foglie e di grandine; e l'aria fresca di pioggia e di ghiaccio risuonava nell'urlo penetrante della voce affannata delle sirene.

Pavia è in ginocchio, avrebbero scritto i giornali il giorno dopo; bel titolo drammatico, certo; ma ci si è dimenticati di dire che Pavia si è rialzata subito: proprio come un pugile sorpreso da un diretto, che s'accascia, ma che di scatto si tira su e riprende a combattere.

 

Pavia s'è sentita unanime: come, tre anni fa, al tempo della grande neve, come nel '51 al tempo della grande alluvione, come nel '44 al tempo dei bombardamenti.

Aveva uno strano mantello verde, fatto di foglie sminuzzate; e malgrado il tepore del giorno, gli alberi pareva avessero sentito il soffio dell'autunno, e levavano al cielo azzurrino i rami brutalmente spogliati.

Qua e là, negli angoli non toccati ancora dal sole, cumuli di grandine: lenti di occhiali inzaccherati, mi sembravano, e avevano, trovavo, qualcosa di ostile, ancora, di maligno.

Mino Milani, da un articolo su "PAVIA ECONOMICA" del 1988
 

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