Grazie Signor Ambrogio Gatti Comini
Di solito per preparare una paginetta da inserire nel sito ci impiego un paio d'ore; se ci sono delle fotografie da modificare o effetti particolari da realizzare, qualche quarto d'ora in più.
Il racconto Di Ambrogio Gatti Comini "Corso Garibaldi e i suoi negozi..." mi ha praticamente tenuto davanti al computer per quasi una notte intera, non certo per la difficoltà del lavoro, quanto per il continuo e piacevole distacco mentale da quel che stavo facendo.
Si !, me ne sono andato a spasso per quel di Pavia ricordando e rivedendo, passo dopo passo, tanto di quello che ha accompagnato la mia infanzia, la mia adolescenza e la spensierata gioventù degli anni sessanta.
Abitavo in Via Volta: per andare in "centro" si saliva verso via Scopoli, si girava in via Mazzini e piano piano ci si avviava verso il Demetrio: in pratica si può dire che è stato il mio percorso "scolastico". L'asilo al bel Gandini con la mia suor Luigia, le elementari al De Amicis con la mia maestra Vecchietti Maria Rosa, le Medie al Pascal con la Professoressa Gravellone e i primi anni di Istituto, ospite del Foscolo con un folto gruppo di insegnanti, ma soprattutto con il Preside Ing. Milani.
Era anche il medesimo percorso che facevo per arrivare in piazza della Vittoria, non per bighellonare sotto i portici ma per iniziare l'andare avanti e indietro sul corso Cavour, con tappa all'Upim, nella vana speranza di essere l'attore principale di un incontro fulminante con una stupenda fanciulla......mai avvenuto!
Ma torniamo al Sign. Ambrogio e al corso Garibaldi.
Eccolo, sempre affollato, ricco di profumi, colorato e nello stesso tempo pulito e sobrio: era casa mia, conoscevo tutti e tutti conoscevano me e la mia famiglia.
Covre Aristide, il meccanico di bici e motorini, era la mia tappa obbligata quasi giornaliera. Fino a quando non ho avuto un motorino mio, guardavo quello degli altri; poi arrivò il Bianchino usato e dopo ancora una Vespa usata: nel frattempo avevo imparato a mettere le mani sui motori e per recuperare qualche cinquanta lire facevo manutenzione al Mosquito di mio padre.
Il fratello di Aristide era Armando Covre che aveva una gelateria sul lato opposto del corso verso S. Primo. La sua specialità era lo spumone, una crema squisita che veniva servita ricoperta da un'amarena Fabbri e dal suo sciroppo.
Poco più avanti, verso San Luca c'era il ristorante Triclinium.... non ci sono mai entrato e forse per il nome latineggiante, mi ispirava scene di pranzi luculliani, di commensali non seduti ma adagiati su comode lettiere attorniati da grappoli d'uva e intenti a divorate cosce di pollo, grondanti di untuosi condimenti e pronti a tracannare boccali di vino giunto appositamente dai colli romani.
Di fronte all'Aristide ci stava il calzolaio Tartaglia, molto bravo e dotato di ingegno raffinato: ricordo che mi mostrò un attrezzo da lui realizzato per aprire con un sol gesto e senza fatica i vasetti degli omogeneizzati.... Il mercato c'ha messo altri quindici anni per proporne uno similare. Più tardi il Tartaglia si trasferì poco distante, nei locali lasciati liberi dalla panetteria Abbiati, avviando anche l'attività di vendita di calzature.
Sempre nella stessa zona, Fontana e la sua Ferramenta era uno dei negozi più frequentati: vi si trovava dal cannone per la stufa all'aeratore a stantuffo per spruzzare il "flit".
In fianco il negozio di elettrodomestici, radio e televisori del Prof. Carletto Lanza. Sarà per l'amicizia fra il Sign. Carlo e mio padre, sta di fatto che ogni novità, appena presentata arrivava a casa mia: televisore, lavatrice, lavastoviglie. Quest'ultima, una Candy a doppio sportello, aveva quasi le dimensioni di un armadio 4 stagioni.
E poi, andando verso Strada Nuova, c'era l'orologiaio Giotto, che agli inizi del novecento vendette a mio nonno un cipollone Longines d'argento con incise le iniziali del nonno e della nonna, e poi il bar Sport,... il fiorista Poggi....
Ma il ricordo più bello è senza dubbio quello della mia infanzia, fare la spesa con la mia manina nella mano della mamma, il camminare svelto che per me era quasi correre... , il guardarmi in giro curioso mentre la mamma ordinava il necessario. E si andava sino all'angolo di via Alboino, dal salumiere Gatti Comini che io ricordo dietro al banco in alto, molto in alto, dal panettiere Testori, con le sue torte di pasta frolla, sull'angolo opposto della stessa via, dal fruttivendolo poco più avanti.
E per ultimo il corso Garibaldi della Domenica mattina quando alle dieci in punto, vestito della festa, pettinato, lisciato e lustrato come pronto per una foto anni trenta, uscivo al fianco del mio papà per andare a messa in S. Michele.
Nella basilica andavamo sempre al solito posto, mio padre in piedi ed io pure in piedi davanti a lui appoggiato alle sue gambe e da subito in possesso della monetina da depositare quasi alla fine della messa nel sacchetto del sacrestano.
Usciti da S. Michele, passavamo davanti alla farmacia e sempre agganciato alla mano del papà si andava dal pasticcere Silvani:" Il solito, Geometra? " Tranne il periodo dei Defunti, S. Siro e Natale il solito era un vassoio di pastine, confezionate in una carta turchese che io avevo il compito di portare a casa con la mano libera.
Lasciavamo corso Garibaldi per entrare in via Volta e quasi mi pareva di odorare già il profumo di lesso e il risotto giallo preparato dalla mia mammetta.
Essere ritornato in Corso Garibaldi, con la mia mamma e il mio papà è stato un grosso regalo.
Grazie Sign. Ambrogio
cagi46
Foto di Tamurello