SAN GERVASIO E PROTASIO

 

Prendendo la via Severino Boezio si  giunge a questa basilica; essa fu la prima cattedrale di Pavia ed esisteva fuori delle mura in quel tratto del territorio  pavese, il  quale,  essendo irrigato dalla Calvenza, era detto agro Calvenzano.

E come  mai  la cattedrale fuori di città? Eccone il perchè.

Presso  la basilica di S Gervasio esisteva un antico cimitero e per disposizione delle 12 tavoIe era ordinato che la sepoltura dei morti si eseguisse fuori del pomerio: i primi cristiani, desiderosi di pregare presso i corpi di coloro che erano caduti per la nuova fede eressero templi sulle loro spoglie.

STORIA

Seguendo le note di Pietro Tallini leggiamo che: "Chi l'avesse fondata e quando è incerto: la tradizione ne fa autore San Siro."

La prima menzione sicura che se ne ha è in un testo di Sulpicio Severo, storico e saggista romano cristiano: in esso è detto che S. Martino, vescovo di Tours , nato in Pannonia, ma educato in Pavia, nel 326, giovanetto di 10 anni, contro il volere dei genitori, fuggissi alla Chiesa e supplicò di  essere ammesso fra i catecumeni.

Nell'immagine a lato San Martino dona al povero il suo mantello, alle porte di Pavia

 

La Chiesa dove il giovane Martino entrò è l'attuale SS. Gervasio e Protasio. Essa anticamente era chiamata con altro nome; quello attuale gli venne dato quando S. Invenzio, vescovo pavese, vi seppellì le reliquie di detti Santi.

La Chiesa andò soggetta a varie riedificazioni.

Nella presa della città fatta da Odoacre fu incendiata e distrutta, ma Sant'Epifanio in breve, con grande alacrità, soccorso dalla pietà cittadina, la ricostruì.

Nel secolo X  essa venne chiusa entro le mura, ma queste non gli servirono di sufficiente difesa, perchè, piombati su Pavia gli Ungheri nel 924, la rasero al suolo insieme ad altre 42 chiese.

La pietà di Adelaide, sposa di Ugo, duca di Provenza, la fece rifabbricare e in tale stato vi rimase fino al 1712, nel quale anno, minacciando di cadere per vetustà, venne ricostruita volgendo ad oriente l'entrata del tempio, che prima era ad occidente, per cui il campanile che trovavasi nella parte posteriore ora trovasi a fianco della facciata.

< La chiesa nella mappa del Ballada (1654)

 

Nel 1875 il Prof. Cesare Prelini faceva in questa basilica una scoperta importantissima per l'archeologia e per la storia.

Rovistando nella chiesa gli venne fatto di trovare due pietre, che stavano applicate al pavimento e servivano di soglia a due cappelle laterali, su una delle quali stava scritto con buone lettere di forma assai antica:

SVRVS

EPC

Il Prelini appoggiandosi al fatto che la basilica era extramurale, che qui pontificò e fu seppellito S. Siro, giudicò che l'avello con l'epigrafe di tipo tanto arcaico, conservato in siffatto luogo, fosse l'arca sepolcrale della prima deposizione del santo vescovo, la quale quando questo, nel secolo VII, fu trasportato alla cattedrale di S. Stefano, venne stesa a soglia delle due cappelle.

ARCHITETTURA

 

Resti della chiesa paleocristiana sono stati individuati nei lati nord e ovest del primo e secondo ordine del campanile romanico che, collocato intorno al 1050 è ritenuto il più antico in Pavia.

Esso è caratterizzato da una muratura piuttosto rozza con letti di calce irregolari ed è articolato su cinque ordini coronati dalle relative cornici ad archetti pensili.

Denuncia un'ampia apertura, poi tamponata, al quarto livello , mentre sopravvivono le bifore della cella campanaria.

Anche nel fianco della chiesa verso via Boezio si conservano porzioni di muratura romanica , con il relativo coronamento di archetti pensili.

 

 

La planimetria irregolare della chiesa è corretta visivamente all'interno dalla rigorosa partitura delle pareti laterali che, secondo i dettami della Controriforma, definiscono un'aula unica, resa anche più profonda dal lungo coro a profilo poligonale.

Le cappelle di dimensioni diseguali e le murature di diverso spessore lasciano intuire la conservazione di parti pertinenti alla chiesa precedente.

L'interno è coperto da una grande volta a botte. Le pareti laterali sono ritmate da paraste corinzie che reggono un architrave modanato. Tra le paraste si disegnano ampi archi che, a ritmo alterno, si aprono in cappelle.

Agli archi ciechi, che celano altri vani non sempre comunicanti con l'interno, si appoggiano i bei confessionali lignei. La pavimentazione, in piastrelle esagonali di cemento tipiche della produzione locale del primo Novecento, si propone come un tappeto a fondo rosso cosparso di fiori gialli a sei petali.

 LA FACCIATA

La ricostruzione che dà alla chiesa l'aspetto attuale risale, come si è detto, agli anni tra il 1712 e il 1718.

 

 

La facciata, dotata di un portico a tre luci allineato con il campanile, viene intonacata solo nella parte inferiore; l'interrompersi dei lavori lascia a  vista la muratura della porzione superiore arretrata, con ampia apertura  centrale e nicchie laterali, coronata da un elegante timpano di proporzione classica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1746 l'architetto Giuseppe Antonio Bianchi metteva a punto un progetto di completamento della facciata per la quale prevedeva l'aggiunta di decorazioni a stucco e la realizzazione, al di sopra del portico, di una balconata a pilastrini reggente grandi vasi con frutta.

Anche per il campanile era previsto il rivestimento a intonaco con il relativo decoro a stucchi.

Si pensava alla opportunità di porre un orologio e di rendere più slanciata ed elegante la cella campanaria con più ampie aperture e con l'andamento mosso delle linee, concludendo il tutto con una copertura metallica a bulbo.

Ma il progetto non venne realizzato.

 

 L'INTERNO

IL PRESBITERIO


La Chiesa a navata unica, nella ricostruzione di inizio '700 vede il presbiterio, profondo e con andamento poligonale, rivolto ad occidente.

 

L'immagine dominante nella parete del presbiterio è un grande dipinto ovale di Giuseppe Crastona (1664-1718) raffigurante San Siro, con il cesto dei pani e dei pesci, insieme ai due Santi Gervasio e Protasio con la palma del martirio, al cospetto della Vergine.

 

Appena sopra, nello spicchio centrale della semicalotta dell'abside sono rappresentati nuovamente i due santi titolari della chiesa, Gervasio e Protasio, questa volta ai lati di Sant'Ambrogio assiso sulla cattedra episcopale

Il dipinto è opera del pittore pavese Francesco Magenti (1885-1962) e riproduce, con qualche variante, la pala quattrocentesca di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone collocata nella sesta cappella a sinistra della chiesa della Certosa di Pavia.

 

Nella grande lunetta al di sopra dell'arco trionfale del presbiterio possiamo ammirare l'affresco che con al centro la Crocifissione mostra a sinistra San Pompeo, San Satiro, San Bonino e San Paolino, a destra San Mamete, San Fortunato e San Crisanto.

 

 

 

Il bell'altare settecentesco in marmi policromi è datato 1716.

È aperto nella parte anteriore della mensa per mostrare l'urna di cristallo contenente le reliquie del secondo vescovo pavese Pompeo, dei presbiteri Crisanto e Fortunato e di alcuni  martiri.

Il pavimento a rombi in seminato veneziano risale al 1850.

 

 

LA NAVATA

 

 

La planimetria della chiesa è visivamente molto allungata, grazie anche al lungo coro a profilo poligonale.

Ai lati della navata troviamo sei cappelle, tre a destra e tre a sinistra.

Tali cappelle hanno dimensioni diseguali e le murature hanno diverso spessore lasciando intuire la conservazione di parti pertinenti alla chiesa precedente.

 

Visitiamo ora le singole cappelle, cliccando il riferimento inserito in ognuna di esse nella pagina riassuntiva che segue.

LE CAPPELLE

 

IL SAGRATO

Il Sagrato della Chiesa di san Gervasio e Protasio ospita attualmente un bella pianta... ma nel passato al suo posto c'era un olmo secolare che è stato l'argomento di piacevoli racconti.
Uno di tali racconti, colorato di leggenda  lo possiamo leggere cliccando su:

L'OLMO DEL FOSCOLO A SAN GERVASIO E PROTASIO

 

Da:

Collana: Le Chiese di Pavia, a cura  di Luisa Erba

note e immagini di paviaedintorni.it

 

 

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